Natale Brescianini
Monaco Benedettino Camaldolese, Coach ACC ICF, Consulente Askesis SB srlArtificial Intelligence e Human Intelligence. Una questione tecnologica e umana
Ospitiamo il punto di vista di padre Brescianini, consulente di Askesis e Coach, che mette insieme gli aspetti filosofici e quelli tecnologici dell'AI. Un'analisi profonda del significato stesso di progresso. L'affrancamento dai lavori di routine in funzione della creazione di nuovo tempo per accrescere la sfera personale: questo dovrebbe essere il vero obiettivo.
di Natale Brescianini
Padre Natale Brescianini, Monaco Benedettino Camaldolese – Coach ACC ICF - Consulente Askesis SB srl
Da sempre la condizione umana è tecno umana e ogni sviluppo tecnologico ha cambiato il modo con cui noi percepiamo noi stessi, le altre persone, il mondo e la realtà che viviamo (tempi e spazi). Due semplici esempi: grazie all’invenzione della lente concava e convessa, abbiamo inventato il telescopio - che ci permette di capire l’infinitamente grande - e il microscopio - che ci permette di capire l’infinitamente piccolo. Oggi, grazie all’Intelligenza artificiale, possiamo gestire l’infinitamente complesso.
Da sempre molte sono le forme di intelligenza che abbiamo, ognuna con le proprie unicità e specifiche. Pensiamo agli animali oppure al mondo vegetale; ma anche l’essere umano ha in sé varie forme di intelligenza: razionale, emotiva, somatica e dal mio punto di vista anche spirituale. In questo senso, è necessario uscire da una visione piramidale della vita, pensando che l’essere umano sia il top e il meglio ed entrare in una visione sistemica, dove tutto è connesso e ciò che conta è la qualità della relazione che riusciamo a vivere, con gli altri esseri viventi e anche con gli artefatti tecnologici. Certamente, ciò che può spaventare oggi è la velocità e l’invadenza dell’AI rispetto alla nostra quotidianità: non c’è ormai settore della vita che non sia stato toccato. Allora di cosa abbiamo bisogno? Certamente è urgente mettere la persona al centro quando pensiamo a cosa innovare e a come innovare: la tecnologia trova la sua massima espressione se rimane al servizio dell’umanità e non se si serve dell’umanità.
Ciò non è però sufficiente: occorre anche avere persone che sappiano servirsi in modo intelligente dell’AI e non divenirne schiave. A partire dalla capacità di abitare le domande di senso, quelle domande che danno direzione, significato e percezione alla e della realtà che viviamo: di fronte alla complessità è meglio suscitare domande, avere più punti di vista e poi fare sintesi. Ma non solo, anche trovare un equilibrio tra bisogni e desideri: non solo dare soddisfazione ai bisogni ma avere attenzione per i desideri: il benessere non è solo organizzativo ma anche personale. La prospettiva del Bene comune poi ci aiuta ad evitare il rischio dell’autoreferenzialità o di cadere nel narcisismo. Infine, ma non meno importante, accogliere il limite: come esseri umani siamo fallibili non perché mancanti ma perché fragili e quindi preziosi. Se pensiamo di essere mancanti, il rapporto con l’errore sfocia nel senso di colpa. Se ci percepiamo come fragili perché preziosi, la risposta all’errore è il prendersi cura. E la cura ha a che fare con la relazione.
Da dove partire dunque? Partiamo dal creare delle regole che ci permettano di usare la tecnologia evitando rischi inutili. Darsi delle regole ha bisogno di un orizzonte di senso importante, altrimenti le regole sono percepite come una gabbia che blocca la nostra libertà. E, inoltre, le regole hanno bisogno di educazione (e non solo addestramento) e l’educazione necessita di tempo e di relazione. Torniamo a ciò che ci rende umani: la qualità delle relazioni che viviamo! In questo contesto, auguriamoci che l’AI liberi del tempo per gustarci le relazioni che danno senso alla nostra esistenza personale e lavorativa e auguriamoci di “entrare in una logica di collaborazione e non di sostituzione o competizione”.
14 Ott 2025
14 Ott 2025
14 Set 2025